Guarigione spontanea dell'iperaldosteronismo idiopatico dopo terapia con canrenoato
Armanini D, Cristina Fiore C, Pellati D.
Hypertension 2007, 50: 69-70
RIASSUNTO
Il lavoro riporta i dati di tre pazienti ai quali era stato diagnosticato un iperaldosteronismo idiopatico rispettivamente 10, 24 e 25 anni prima. La diagnosi era stata formulata con dosaggio di PRA e aldosterone, plasmatici e urinario (il rapporto aldosterone PRA calcolato a posteriori era rispettivamente 58, 102 e 67 ed i valori di aldosterone nettamente aumentati), test di soppressione con fludrocortisone, esami morfologici e scintigrafia surrenalica. I pazienti erano stati posti in terapia cronica con potassio canrenoato a dosi decrescenti (dose finale da 25 a 100 mg). I pazienti erano stati seguiti presso l’Endocrinologia di Padova per un lungo periodo e successivamente il medico curante aveva deciso di seguirli direttamente visto gli ottimi risultati della terapia antialdosteronica.
Gli autori dopo molti anni avevano disposto un controllo dei pazienti e tutti e tre riferivano che il medico curante aveva fatto sospendere il canrenoato da lungo tempo (più di 5 anni) sostituendolo con altri ipotensivi (in due casi un calcio antagonista e in uno un ACE-inibitore). Dopo sospensione della terapia i pazienti sono stati ristudiati e il rapporto aldosterone / PRA è risultato rispettivamente 8, 14 e 5, con valori di aldosterone e PRA e potassio nella norma. La pressione arteriosa dopo un mese di sospensione della terapia risultava, rispettivamente, 135/90, 140/90 e 135/90. L’ECG era nella norma come lo era stato anche in precedenza durante il follow up dal medico di fiducia. Nessuno dei pazienti aveva un quadro della TAC compatibile con adenoma monolaterale. Lo studio dimostra come l’iperaldosteronismo idiopatico dopo terapia con canrenoato di potassio possa risolversi. Gli autori ipotizzano che la terapia prolungata con canrenoato di potassio normalizzi la reattività della glomerulosa del surrene all’angiotensina II o che l’aldosterone si riduca con l’età.
COMMENTO
Il dato interessante è che nessuno dei pazienti aveva avuto segni di complicanze cardiovascolari e ciò conferma i dati degli studi EPHESUS e RALES che hanno dimostrato come l’antialdosteronico abbia un’azione protettiva su tale aspetto, indipendentemente dai valori di aldosterone. Questo riscontro di assenza di complicanze a distanza così lunga dalla diagnosi ha fatto supporre agli autori che la complicanza cardiovascolare sia più frequente nei pazienti con segni minori legati alla malattia e in particolare senza ipopotassiemia. Pazienti con marcati segni clinici e soggettivi possono, infatti, avere una diagnosi precoce ed essere messi in terapia, mentre pazienti con forme non sintomatiche possono non essere diagnosticati ed avere danni dovuti all’azione proinfiammatoria dell’iperaldosteronismo non riconosciuto. I dati di questo studio possono chiarire meglio i risultati analoghi di uno studio precedente degli stessi autori, che avevano valutato 15 pazienti con iperaldosteronismo idiopatico, dopo sospensione del connrenoato di potassio da solo un mese. Il rapporto aldosterone/PRA era risultato normale nel 75% dei casi e si era anche riscontrata una correlazione inversa tra anni di trattamento con potassio canrenoato e valori del rapporto aldosterone/PRA. In tali soggetti si era ipotizzato che la sospensione non era stata adeguata a produrre una sicura interpretazione della normalità del rapporto aldosterone/PRA.
Lo studio attuale apre un nuovo modo di interpretare l’evoluzione dell’iperaldosteronismo primitivo idiopatico: si può ipotizzare che la malattia inizi da uno stato di ipertensione essenziale e ritorni a tale stato. Questa evoluzione potrebbe o essere in relazione a un esaurimento del quadro biochimico dovuto alla prolungata terapia con antialdosteronico o ad una riduzione legata all’età della sensibilità della glomerulosa all’angiotensina II, con un ripristino della normale reattività. Questo studio conferma l’utilità dell’uso dei bloccanti i recettori dell’aldosterone nella terapia dell’ipertensione, soprattutto se si utilizzano quelli dotati di scarsa (canrenoato di potassio, canrenone) o assente (eplerenone) attività antiandrogena. Tale terapia, non solo è in grado di proteggere dall’iperaldosteronismo, ma potrebbe anche prevenire l’insorgenza della malattia stessa.
L’altro punto da tenere presente è quello che l’iperaldosteronismo non è una situazione omogenea o una patologia univoca, in quanto non tutti i soggetti dello studio precedente si erano comportati in modo analogo, restando uno stato di iperaldosteronismo franco nel 25% dei casi.